La motivazione lavorativa è l’energia che sprona i lavoratori verso una meta, mantenendo attivi i comportamenti atti a raggiungere l’obiettivo.
La motivazione lavorativa è un elemento fondamentale da comprendere in quanto viviamo in un periodo estremamente complesso per i lavoratori. Il fenomeno della Great Resignation (Grandi Dimissioni) dimostra che esistono nuovi valori riguardanti il mondo del lavoro. Infatti, i lavoratori oggi percepiscono e manifestano maggiormente l’insoddisfazione nel compiere la loro attività lavorativa, e tutti i players del mercato dovrebbero chiedersi cosa stia generando questo movimento. La motivazione lavorativa è, con elevata probabilità, una delle principali cause di questo fenomeno.
Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Caratteristiche della motivazione lavorativa

Le componenti fondamentali della motivazione sono l’attivazione (ciò che sprona l’inizio di un comportamento), la direzione (l’obiettivo), l’intensità (l’investimento energetico), e la persistenza (andare avanti nonostante gli ostacoli).
Allora, l’approccio al lavoro di diverse persone risulta molto variegato. Infatti, c’è chi ha poca motivazione e richiede molti permessi; chi continua a lavorare nonostante sia già in pensione; oppure, chi fa straordinari non pagati e, infine, chi proprio non si spiega perché sia necessario lavorare.
I teorici della psicologia del lavoro hanno tentato di comprendere quali fossero gli elementi ad influenzare la personale propensione al lavoro e la performance lavorativa.
Uno dei fattori coinvolti è stata proprio la motivazione lavorativa.
Teorie sulla motivazione lavorativa
Esistono diverse teorie in relazione alla motivazione lavorativa che possono essere identificate in due categorie: teorie di contenuto e teorie di processo.
Le teorie di processo studiano ciò che governa l’attivazione, la direzione, l’intensità e la persistenza; le teorie di contenuto, invece, studiano quali siano le fonti interne all’individuo della motivazione.
Teorie di contenuto
Giunti a questo punto, proviamo a descrivere le diverse teorie di contenuto per capirne le differenze. I principali teorici sono: Maslow, McClelland ed Herzberg.
Teoria di Maslow: la piramide dei bisogni
La teoria di Maslow sulla motivazione lavorativa è quella forse più nota come piramide dei bisogni di Maslow. Essa comprende cinque bisogni fondamentali, divisi in bisogni primari, universali a tutti gli esseri umani, e bisogni secondari. Infatti, Maslow colloca i bisogni all’interno di una piramide.
Tra i bisogni primari, alla base della piramide vi sono i bisogni fisiologici, i quali corrispondono all’esigenza di autoconservazione e conservazione della specie (desiderio di cibo, riparo, sessuale etc..). Al secondo livello si individuano i bisogni di sicurezza, come ad esempio evitamento del dolore e dei pericoli, ovvero tutto ciò che riguarda la propria incolumità.



Salendo la piramide, riscontriamo la presenza dei bisogni secondari che includono: bisogno di affetto, bisogno di stima e bisogno di autorealizzazione. Il bisogno di affetto è il bisogno di avere amici, una relazione amorosa e approvazione dagli altri. Il bisogno di stima è voler essere riconosciuti, apprezzati, avere successo e padronanza.
Infine, il bisogno che sta al vertice della piramide secondo Maslow è il bisogno di autorealizzazione. Infatti, Maslow stesso spiega questo bisogno in termini di “divenire ciò che si è”. Questa condizione si potrebbe raggiungere solo mediante l’accettazione di sé, la spontaneità, la capacità di vivere esperienze profonde e rapporti umani positivi, la creatività e la ricerca di trascendenza.
Allora, secondo uno dei principi teorizzati da Maslow, i bisogni secondari non possono essere soddisfatti se i primari non lo sono. Quindi, ne consegue che un’azienda in cui vi sono relazioni tra pari positive e possibilità di coinvolgimento, ma stipendi bassi, risulterà in un peggioramento della motivazione lavorativa. Infatti, lo stipendio basso intacca la possibilità di sopravvivenza di sé e della propria prole.
Allo stesso modo, un ambiente con stipendi adeguati ma con una leadership autoritaria e una cultura aziendale che tende alla sottomissione non sarà stimolante dal punto di vista della motivazione. Infatti, i bisogni primari sono soddisfatti, ma quelli secondari sono frustrati.
Teoria di McClelland
La teoria di McClelland è più rappresentativa della cultura occidentale e individualista, dove il bisogno di riuscire funge da motore sociale ed economico.
Infatti, le quattro motivazioni identificate sono: motivazione al potere (influenzare le persone e modificare le situazioni), motivazione all’affiliazione (creare un’ampia e fitta trama di legami sociali), motivazione al successo (raggiungere le mete desiderate migliorando continuamente le proprie prestazioni), motivazione alla competizione (sviluppare le proprie abilità mantenendo standard elevati).
Allora, l’individuo può attingere alle diverse motivazioni in base alla situazione, alla propria storia e alla propria personalità. Quindi, i lavori in gruppo o individuali andranno bene per alcuni e non per altri, così come i lavori ad alta competizione e quelli poco competitivi. Dunque, una condizione ottimale è quella in cui vi è un adattamento fra le proprie caratteristiche e la posizione lavorativa.
Teoria di Herzberg
L’ultima teoria di contenuto è quella di Herzberg, il quale parla di due tipi di fattori capaci di influenzare la motivazione lavorativa: i fattori di igiene e i fattori motivazionali.
I fattori di igiene comprendono il fatto di essere pagati, di lavorare in delle condizioni sicure per la propria salute, avere una relazione con i pari. I fattori motivazionali includono il riconoscimento, la responsabilità, le opportunità di carriera. Infatti, fondamentale sarebbe la presenza di un ambiente lavorativo plastico, capace di adattarsi ai bisogni delle persone. Inoltre, l’utilizzo di protocolli standardizzati non farebbe altro che portare all’abbandono dell’azienda.
Teorie di processo
Le teorie di processo rispondono alla domanda: quali sono i processi che regolano la motivazione lavorativa? Per processo si deve intende una serie di eventi che si susseguono uno dopo l’altro; quindi vedremo quali sono gli elementi che costruiscono la motivazione lavorativa.
Teoria delle aspettative di Vroom
Secondo Vroom, il processo motivazionale è diviso in: sequenza comportamentale, motivazione e ricompensa. La sequenza comportamentale è il corso dell’azione che tende ad una meta; la motivazione è l’insieme delle energie che vengono impiegate; infine la ricompensa è il complesso dei benefici derivanti dalla meta.
Affinché una motivazione lavorativa sia abbastanza forte da mantenersi su lungo periodo è necessario che si allineino tre variabili:
- la valenza, ovvero quanto quella ricompensa ci attiri, e può essere sia positiva che negativa;
- l’aspettativa, la probabilità di raggiungere quella meta;
- la strumentalità, la possibilità che raggiungendo la meta si possa ottenere la ricompensa.
Allora, dal prodotto di queste tre variabili è possibile definire la forza della motivazione lavorativa. Quindi se una delle tre variabili ha valore nullo, la motivazione sarà indebolita. Invece, se la valenza o la strumentalità saranno negative, vi sarà una forte motivazione ad evitare quella sequenza comportamentale.
Benché la formula di Vroom non sia scientificamente testata, egli è stato determinante nell’aver espresso il valore soggettivo di valenza, aspettativa e strumentalità. Quindi, una bassa autostima e una scarsa fiducia nelle proprie potenzialità influenzano la performance dei lavoratori.
Teoria dell’equità di Adams
Secondo Adams, la motivazione che spinge all’azione deriverebbe dall’ equità percepita in un determinato contesto sociale. Infatti, l’equità si caratterizza in due forme: interna ed esterna. La prima corrisponde al confronto tra risultato ottenuto e contributo fornito; la seconda riguarda il confronto tra se stessi e gli altri.
Quindi, nel caso in cui vi fosse una situazione di poca equità, vi sarebbe una forte motivazione a ristabilirla. Per esempio, se si è pagati troppo poco, ridurremo il nostro contributo facendo un lavoro approssimativo.
Però bisogna tenere in considerazione anche un altro elemento: la soggettività nella percezione di equità. Infatti, secondo Adams esistono persone benevoli e quindi tollentanti verso l’iniquità negativa, ma anche persone sensibili che sono attente alle norme e alle forme di ingiustizia.
L’ultima categoria di persone è quella degli aventi diritto, cioè coloro che non si preoccupano di risolvere situazioni di iniquità positiva, tipo quando si viene pagati di più di quanto si faccia.
Teoria degli obiettivi di Locke
Secondo Locke sono gli obiettivi ad influenzare i comportamenti e quindi la motivazione lavorativa. Infatti, la presenza di un obiettivo lavorativo chiaro farà in modo che i lavoratori siano più efficaci nel raggiungerlo. Un obiettivo per essere tale deve avere determinate caratteristiche:
- consapevolezza, riconoscere l’obiettivo in quanto tale;
- forza, il valore attribuito all’obiettivo;
- aspettativa di successo, ovvero la possibilità di farcela;
- specificità, la chiarezza dell’obiettivo;
- difficoltà, la sfida che bisogna affrontare per raggiungerlo.
In conclusione
La motivazione lavorativa può essere spiegata in molteplici forme. Riportando, però, il discorso in termini meno tecnici e più concreti, si potrebbe spiegare la motivazione lavorativa rispondendo alla domanda: perché devo lavorare? La risposta a questa domanda non possiamo darla noi. Infatti, ogni essere umano ha una storia, e ad essa è correlata la necessità di lavorare. Esistono storie di persone che non avrebbero neppure bisogno di lavorare, altre che lo fanno per necessità e chi per “piacere”.
Una cosa è certa: l’etimologia della parola lavoro deriva da “fatica, sofferenza“. A voi le vostre considerazioni.