Il benessere sociale, secondo la definizione di Keyes del 2013 è, quindi, una condizione contingente alla società in cui si vive. Allora, è la società stessa che impone un determinato standard di benessere. Vi siete mai chiesti quanto la società in cui viviamo influenzi la nostra condizione di benessere? E cosa significa realmente “benessere”?
Una prima definizione è stata emessa proprio l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948. Secondo l’OMS, la salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale e non solamente di assenza di malattia o infermità.
Quindi, per essere in una condizione di benessere sarebbe necessario avere una condizione favorevole fisicamente, psicologicamente e socialmente. Se la prima dimensione è facilmente riconoscibile e familiare, le altre due non lo sono così tanto.
Cosa significa benessere psicologico e benessere sociale?

Tradizionalmente esisterebbero due scuole di pensiero di origine filosofica che hanno identificato il benessere in modi differenti.
Il primo è l’approccio edonico. Questo approccio fa coincidere il benessere con il piacere, sia fisico che mentale. Il suo massimo esponente fu Edward Diener. Secondo questo, il piacere può essere identificato come la valutazione dell’individuo riguardo la propria vita sulla base di alcune componenti.
Queste componenti sarebbero quattro: le emozioni negative, le emozioni positive, la soddisfazione di vita, la soddisfazione in specifici domini.
Le emozioni negative e quelle positive fanno riferimento agli affetti attraverso cui essi valutano la propria vita. Siano essi piacevoli o meno.
La soddisfazione di vita deriva da un bilancio globale della propria esistenza.
Mentre la soddisfazione in domini specifici fa riferimento al lavoro, alla scuola, agli amici, alle relazioni sentimentali e via dicendo.
Il secondo approccio è quello eudaimonico. Questo identifica il benessere con il senso di autorealizzazione una volta ottenuto un obiettivo di vita significativo per sé e per la propria comunità. Uno dei suoi esponenti fu Carol Ryff.
Le componenti dell’approccio eudaimonico si differenzieranno da quelle del precedente. Infatti, ne riscontriamo sei: autoaccettazione, avere relazioni positive, autonomia, controllo sul proprio ambiente, avere uno scopo nella vita, ed avere la sensazione di una continua crescita personale.
Ed il benessere sociale?
Il concetto di benessere sociale nasce da Corey Keyes, la cui definizione è quella che avete letto nel titolo. Le dimensioni del benessere sociale sarebbero cinque.
L’integrazione sociale consiste nel grado di coesione fra se e l’ambiente circostante.
Mentre l‘accettazione sociale è una propensione positiva nei confronti altrui.
Il contributo sociale è la valutazione del proprio contributo in merito alla società.
La realizzazione sociale consiste nella consapevolezza delle proprie potenzialità in relazione al contesto sociale.
L’ultima dimensione è la coerenza sociale, ovvero la percezione che le dinamiche del contesto sociale siano comprensibili.
Allora, tutte queste dimensioni dimostrerebbero quanto il contesto influenzi il nostro benessere. Una delle pecche presenti all’interno di questo costrutto è di non aver considerato le conseguenze negative delle influenze. Infatti, essendo il contesto sociale molto spesso disfunzionale, il rischio per il benessere risulta molto presente.
Quindi, nacque la Psicologia Critica di Comunità che aveva l’obiettivo di mettere in discussione le ragioni retrostanti la natura della società. Uno dei maggiori esponenti fu Prilleltensky.
Egli riconosce la presenza di alcuni contesti/luoghi in cui il benessere può manifestarsi: livello personale, interpersonale, organizzativo e comunitario. Se il livello personale, interpersonale e comunitario non sono elementi nuovi, l’elemento di svolta è quello organizzativo! Inoltre, il lavoro è una delle altre componenti in cui il benessere può svilupparsi così come compromettersi! (Ne parliamo qui).
Allora, Prilleltensky afferma che per raggiungere il benessere nei vari livelli sia necessario sviluppare: una coscienza critica, l’esperienza e l’azione critica.
La coscienza critica permette di comprendere le reali influenze che generano malessere.
L’esperienza critica deriva dal vivere eventi capaci di modificare il proprio modo di interpretare i problemi.
L’unione di questi due elementi permette lo sviluppo di azioni critiche, ovvero comportamenti volti alla promozione del benessere.
Inoltre, nel modello di Prilleltensky vi è la distinzione tra segni, fonti e strategie.
I segni sarebbero le manifestazioni ed espressioni del benessere. Le fonti sono esperienze o relazioni capaci di generare benessere. Infine, le strategie sono comportamenti finalizzati ad uno scopo, ovvero lo sviluppo di benessere.
Facciamo un esempio a livello personale (luogo). La strategia che si vuole perseguire è lo sviluppo di empowerment. Tale empowerment si può sviluppare mediante esperienze di autoefficacia (fonti). E le manifestazioni (segni) è la percezione di controllo.