La partecipazione a livello sociale e comunitario è costituita da tutte quelle azioni che consentono di acquisire competenze critiche ed esercitare comportamenti attivi in grado di apportare dei cambiamenti.
Le forme di partecipazione sono varie e diversificate. Però per svilupparsi si devono soddisfare alcuni prerequisiti. In particolare, parleremo di generatività sociale, capitale sociale, empowerment e molto altro.
Vediamo come è possibile classificare le varie forme di partecipazione.

Una delle caratteristiche che Mannarini e Cicognani hanno tenuto in considerazione è l’origine della partecipazione. Infatti, essa può essere provocata da qualcuno (top-down) o può svilupparsi volontariamente dai membri di una comunità (bottom-up).
Nel modello di Meister (riletto dagli autori precedentemente citati) vi sono quattro forme di partecipazione.
La partecipazione di fatto è una forma di partecipazione data dal solo far parte di un determinato contesto. Non vi è alcuna scelta spontanea, è data dall’appartenenza a determinate categorie sociali che seguono norme, tradizioni, costumi etc. Per tale motivo, non è possibile determinare il fatto che sia bottom-up o top-down.
La partecipazione spontanea consiste nel partecipare in modo volontario ad un gruppo che ci fa sentire bene, soddisfando i bisogni individuali. Esempio: gruppo di amici. In questo caso, parleremo di partecipazione bottom-up.
La partecipazione volontaria è anch’essa una partecipazione ad un gruppo che soddisfa i bisogni individuali. Inoltre, soddisfa anche bisogni collettivi, generando benefici e cambiamenti. Quindi è una partecipazione bottom-up.
La partecipazione provocata (top-down) è promossa da un soggetto esterno che dà origine a dei gruppi. Ne sono un esempio i comitati locali o di quartiere.
A prescindere da bottom-up e top-down è possibile identificare diversi tipi di partecipazione, con obiettivi e scopi differenti.
Innanzitutto, nel parlare di partecipazione ci riferiamo ad un’azione sia sociale che politica ed esprime l’attivazione dei cittadini in merito a dei bisogni sociali e collettivi insoddisfatti.
Le sue forme principali sono l’impegno politico, l’azione collettiva, il volontariato e i processi decisionali inclusivi.
Quindi andiamo ad analizzare una per una queste diverse forme di partecipazione.
L’azione collettiva comprende tutte quelle azioni e comportamenti messi in atto da un gruppo che ha subito uno svantaggio, direttamente o indirettamente. Coloro i quali fanno parte di questa forma di partecipazione, vengono detti attivisti. Ne è un esempio il Fridays for Future. In quest’ultimo caso, tutti siamo più o meno colpiti dal disastro del cambiamento climatico.
Per essere attivisti, non è necessario essere toccati direttamente da uno svantaggio. Infatti è sufficiente identificarsi con un gruppo che sostiene una determinata causa (opinion based groups). Ne sono un esempio le persone eterosessuali che aderiscono al movimento LGBTQIA+ .
Ma quali sono le motivazioni che spingerebbero le persone ad attivarsi per una causa? Secondo i recenti studi, sarebbero quattro le grandi core motivation.
La prima è l’identificazione con il gruppo svantaggiato o con le opinioni/valori che questo porta avanti.
La seconda è la rabbia morale o indignazione. Questa ha origine dalla percezione di una violazione di uno standard di giustizia e correttezza. In genere non è indirizzata verso un terzo ben identificato, ma verso il sistema.
La terza si basa sulle convinzioni morali. Fa riferimento alla violazione degli standard morali che una persona può avere. Ciò funge da agente aggregante per tutti quelli che hanno gli stessi valori.
La quarta ed ultima è il senso di efficacia del gruppo. Consiste nel credere che le proprie azioni avranno degli effetti. Ciò li porterebbe ad impegnarsi di più per raggiungere l’obiettivo finale.
Successivamente venne aggiunto a questo modello una quinta core motivation.
Ovvero la disobbedienza prosociale o costruttiva. Questa ha come fine ultimo la restituzione dei diritti a chi ne è stato privato. I disobbedienti sono guidati da due principi: la responsabilità sociale e l’inclusione morale. La prima si riferisce a quei comportamenti disobbedienti messi in atto per il bene della società. La seconda fa riferimento all’inclusione nella comunità morale di coloro i quali sono stati esclusi.
Il volontariato è una forma di partecipazione contraddistinto da non obbligatorietà e gratuità. è un comportamento prosociale volto ad arrecare un beneficio a coloro i quali sono in una condizione di svantaggio o al sostegno di cause sociali. Esistono diverse attività quali quelle di tipo assistenzialistico e caritatevole, il servizio civico e di comunità etc.
Ma cosa spinge le persone a diventare volontari?
Per comprendere questo processo, utilizzeremo il Volunteer Process Model di Omoto e Snyder.
In questo modello si fa la distinzione fra gli antecedenti (ciò che precede l’adesione ad un’associazione) e le esperienze fatte durante il volontariato. Questi due fattori andrebbero a determinare la durata dell’impegno su lungo termine.
Negli antecedenti ritroviamo la personalità dell’individuo. Quindi avere una tendenza empatica e ad aiutare gli altri.
Anche le motivazioni potrebbero essere svariate. Per esempio, ci potrebbero essere motivazioni legate alla carriera e allo sviluppo professionale; motivazioni volte a ridurre il senso di colpa per far parte di una classe avvantaggiata. Sviluppare un senso positivo di sé e dell’autoefficacia. Oppure, l’opportunità di crearsi nuove competenze ed essere riconosciuti socialmente.
L’ultimo aspetto è il supporto sociale, ovvero essere supportati dalla propria cerchia di persone, in quanto si ha nella propria cultura familiare e amicale il volontariato stesso.
Nella fase delle esperienze ciò che conta realmente è una buona integrazione nel gruppo delle persone che svolgono le attività di volontariato. È la fase nella quale si scopre se le attività soddisfano le motivazioni iniziali. In questa fase la propria identità si adegua al nuovo ruolo svolto nella società.
Il volontariato negli ultimi anni ha subito delle modifiche per adattarsi alle nuove generazioni. Difatti, non esiste più solo il volontariato in presenza ma anche online. Soprattutto per quei professionisti che possono mettere a disposizione le proprie competenze informatiche, linguistiche etc., per quelle persone che ne hanno bisogno.
Anche le tempistiche del volontariato sono cambiate. Agli impegni annuali poco flessibili, si è aggiunta la formula easy-entrance, easy-exit. Questo permetterebbe a chiunque abbia voglia di fare un’azione benefica senza garantire disponibilità di tempo a lungo termine.
È quella forma di partecipazione per cui sono le istituzioni di governo a livello locale ad avviare una forma di consultazione con la cittadinanza. In queste “riunioni” si discutono tematiche di interesse collettivo sui cui poi prendere decisioni.
Questa forma partecipativa, essendo di natura istituzionale, è guidata dai principi della democrazia deliberativa. Tali principi sono il logos, l’inclusione, la conoscenza, il sistema di valori, la cooperazione e il carattere pubblico.
Il logos fa riferimento a quella pratica discorsiva volta alla legittimazione delle decisioni.
L’inclusione riguarda il coinvolgimento di tutti i cittadini nel processo decisionale caratterizzato da trasparenza e chiarezza.
Un sistema di valori che trae ispirazione dal principio di uguaglianza.
La cooperazione e la fiducia reciproca fra i partecipanti.
Il carattere pubblico volto a far prendere le decisione alla comunità dei cittadini.
Tale forma di partecipazione permetterebbe lo sviluppo della cittadinanza. Essa fa in modo che l’individuo acquisisca nuove consapevolezze e conoscenze, metta in discussione le proprie idee e si apra al confronto con gli altri. Inoltre, permetterebbe di aumentare il senso di appartenenza alla comunità (valenza sociale). Infine, favorirebbe una visione del governo come aperta alla popolazione tutta, aumentando la legittimità e la validità delle decisioni prese.
Tutto questo da un punto di vista teorico, ma dal punto di vista pratico e più reale, il coinvolgimento dei cittadini è meramente simbolico.
Fu Sherry Arnstein a identificare una scala di otto livelli per identificare il grado di coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali.
Al livello più alto troviamo il controllo costituito da: controllo dei cittadini, potere delegato e partnership.
Nella parte centrale, vi è il tokenism costituito da: pacificazione, consultazione, informazione. Il tokenism è quel fenomeno che si verifica nel momento in cui, in un gruppo fortemente omogeneo, si includano persone di minoranza che hanno una sola funzione simbolica. Esempio: due donne in un gruppo di 10 uomini.
Ed infine, la non partecipazione costituita da: terapia e manipolazione.



Esistono diversi modi di attivarsi e per motivazioni molto diverse tra di loro. Tutti quelli riportati hanno un effetto non solo su chi li compie, ma sulla comunità stessa di cui si fa parte. Partecipare significa uscire dal proprio guscio, dalla propria individualità per aprirsi all’altro e al mondo che ci circonda. Nessuna causa è meno importante di altre; il punto è averne una ed impegnarsi per raggiungere gli obiettivi prefissati. Mobilitarsi per ciò che si ha a cuore, che siano i pari diritti della comunità LGBTQIA+, la sensibilizzazione al cambiamento climatico, l’aiuto benefico a chi è in difficoltà, o il ristabilire una condizione di giustizia nel Paese che si vive.
E voi, come partecipate?