Comportamenti e atteggiamenti si influenzano vicendevolmente.
In un precedente articolo abbiamo parlato degli atteggiamenti e abbiamo evidenziato che sono differenti dai comportamenti. Infatti, mentre gli atteggiamenti sono una valutazione interna rispetto a un particolare oggetto, i comportamenti sono sostanzialmente le azioni direttamente osservabili.
Definizione
Quindi i comportamenti definiscono le nostre azioni e soprattutto le nostre scelte. Gli atteggiamenti possono predire i nostri comportamenti se si verificano determinate condizioni. Può capitare anche il contrario, cioè che i comportamenti incidono sui nostri atteggiamenti.
Uno dei fattori per cui questo può accadere è dare importanza a ciò che pensa la gente. Per molte persone, se non per la maggioranza, una buona impressione è un modo per ottenere riconoscimenti sociali e materiali. Inoltre, può addirittura rafforzare la propria identità e la consapevolezza del proprio status sociale. Per cui esse sono indotte a spendere enormi quantità di denaro in vestiti di un certo tipo, auto di un certo valore o per ricorrere a chirurgia plastica.
Dissonanza cognitiva
Un altro fenomeno per cui i comportamenti influenzano gli atteggiamenti è la dissonanza cognitiva. Essa crea tensione, in alcuni casi anche malessere, perché siamo motivati a mantenere coerenza tra ciò che facciamo e ciò che pensiamo.
Se per esempio compriamo un oggetto di alto valore e successivamente ci rendiamo conto che non ne valeva la pena, iniziamo a pensare di aver fatto una scelta sbagliata cadendo nella dissonanza. Allora, per sopperire a questo disagio, giustifichiamo in tutti i modi che avevamo delle serie motivazioni per fare quell’acquisto fino a convincercene pienamente.
La dissonanza cognitiva allora fa in modo che il nostro comportamento (l’acquisto) modifichi il nostro iniziale atteggiamento (valutazione negativa dell’acquisto che diventa positiva). Mutare l’atteggiamento è più facile perché ormai il comportamento è stato portato a termine e tornare indietro comporterebbe uno sforzo eccessivo.
Giustificazione insufficiente
Quando abbiamo a che fare con scelte indotte dall’esterno, cioè eseguire un comportamento perché qualcuno ce l’ha chiesto, non possiamo sottrarci dalla nostra personale valutazione rispetto a quelle scelte e quindi saremo soggetti a dissonanza cognitiva.
Se siamo indotti a fare qualcosa in cambio di una ricompensa, può verificarsi quello che si chiama “effetto della giustificazione insufficiente”. Quello che è stato osservato è che se un nostro comportamento seguisse una bassa ricompensa, ci sarebbe una più forte dissonanza cognitiva, per cui in questo caso si tenderà maggiormente a modificare l’atteggiamento.
Per esempio, alcuni devono fare una cosa noiosa per cento euro, altri per dieci euro. Chi la fa per cento euro continuerà a pensare che quella cosa era noiosa, ma comunque si è messo in tasca una buona quantità di denaro. Chi la fa per dieci, riterrà insufficiente la ricompensa e quindi sarà indotto a pensare che quella cosa non era poi così noiosa. Infatti, la ricompensa di dieci euro non è una giustificazione sufficiente per attuare quel comportamento, per cui si modificherà il proprio atteggiamento per attenuare la dissonanza cognitiva.
Stimolare i comportamenti
Allora la dissonanza cognitiva gioca un ruolo fondamentale quando i comportamenti vengono indotti dall’esterno.
Per esempio, indurre una bassa dissonanza può seguire delle azioni maggiormente sostenute dagli atteggiamenti, e questo capita quando le persone sentono la possibilità di scegliere. Se l’atteggiamento sostiene il comportamento, allora non sarà necessaria una grande ricompensa o punizione, quindi la persona agirà più volentieri.
Questo capita anche con i bambini, ai quali si può dire “se non pulisci la stanza ti sculaccio”. Ebbene, in quel caso il bambino pulirà la stanza senza avere una giustificazione interiore, in quanto lo farà perché minacciato. Se invece nel bambino viene svegliato l’atteggiamento positivo verso la pulizia, egli dirà “sto pulendo la stanza perché la voglio pulita” e non “sto pulendo perché altrimenti verrò sculacciato”.

La stessa cosa può accadere con l’autorità, esempio il capo di un’azienda. Se i dipendenti si sentiranno responsabili di quello che fanno, e soprattutto se fanno qualcosa che sia più vicino a ciò che avrebbero scelto, allora essi proveranno una minore dissonanza e il loro lavoro sarà sostenuto dal loro atteggiamento. Il risultato lo possiamo immaginare.
La gestione autoritaria sarà efficace solo quando l’autorità è presente, perché è difficile che le persone interiorizzino comportamenti forzati. Citando un romanzo, si osserva che
“una delle peggiori conseguenze dell’essere schiavo, e di essere obbligato a fare le cose, è che quando non c’è più nessuno che ti obbliga ti accorgi di aver quasi perso il potere di obbligare te stesso”.
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