Conflitto e cooperazione: perché nascono i conflitti o cosa si può fare per risolverli? Scopriamolo in questo articolo!

Introduzione

Il conflitto sociale è stato studiato dagli psicologi sociali per capirne le cause, le dinamiche e come eventualmente può essere risolto. I conflitti in realtà toccano tutti gli strati della società: esistono conflitti tra singoli individui, tra singoli gruppi e anche tra singoli Stati.

Perché si generano conflitti? Questa domanda prevede una risposta apparentemente scontata. Tutti la conoscono ma pochi ci riflettono a sufficienza.

Il conflitto sorge quando il singolo, che sia individuo, gruppo o stato, persegue il proprio interesse ignorando la collettività. Una delle armi più pericolose è l’indifferenza.

Conflitti sociali: cause e cooperazione - Episodio 7 "Psicologia sociale"

Conflitto e cooperazione: i dilemmi sociali

Cosa intendo con indifferenza?

Pensateci un attimo: ogni individuo è inserito in un contesto sociale e fa parte di una collettività.

conflitto e cooperazione

Gli esseri umani si sono aggregati in società

Storicamente ci si è associati in comunità perché si è visto un vantaggio. I nostri antenati avevano capito che vivere nello stato di natura, nello stato animalesco, sarebbe stato pericoloso.

Abbiamo scelto allora di contrarre le nostre libertà per riuscire a garantire un equilibrio. Perché è necessario imporsi un limite? Perché l’uomo, nelle sue potenzialità, tende a salvaguardare sé stesso, anche a costo di danneggiare l’altro, suo possibile rivale.

Allora così è nato il concetto di bene comune, di bene pubblico. Ognuno può continuare ad agire nel proprio perimetro seguendo la propria volontà, ma oltre questo perimetro esistono gli altri, di cui bisogna tener conto anche della loro volontà.

Se esistono due volontà contrapposte che si invadono vicendevolmente, allora si genera un conflitto.

Quando agisce l’indifferenza? Quando si pensa che le proprie azioni non danneggeranno nessuno. In altri termini, quando si crede che l’effetto della propria azione è trascurabile rispetto al totale. Ma se tutti pensassero in questo modo, allora si andrebbe verso il disastro. Parliamo di beni fondamentali come aria e acqua.

I dilemmi sociali sono trappole

Questo problema viene definito “dilemma sociale”, e la soluzione che bisogna trovare è quella di capire come conciliare l’interesse individuale con quello della collettività.

I dilemmi sociali sono delle vere e proprie trappole, in cui le parti, perseguendo i propri interessi, esercitano comportamenti che possono essere distruttivi per tutti.

Per capire queste trappole possiamo considerare la tragedia delle risorse comuni. La tragedia avviene quando qualcuno consuma più di ciò che gli spetta, terminando le risorse anticipatamente andando quindi verso un collasso generale.

Un esempio di cui si ha diretta evidenza può essere un pacco di biscotti. Se per la sostenibilità del bilancio familiare si è deciso di mangiare un pacco a settimana, i membri della famiglia dovranno limitare il loro consumo a due o tre biscotti al giorno. Se invece ognuno pensa a massimizzare il proprio consumo individuale mangiandone più del necessario, il pacco potrebbe terminare in anticipo lasciando così alcuni giorni tutta la famiglia senza colazione.

Esempio di tragedia della risorse comuni: Earth Overshoot Day

Estendendo questo concetto a livello mondiale, possiamo parlare dell “Earth Overshoot day”, il giorno in cui terminano tutte le risorse disponibili offerte dal nostro pianeta in quel dato anno.

Nel 2019 è stato il 29 Luglio. Nel 2020 la pandemia lo ha fatto ritardare al 22 Agosto. Nonostante i numerosissimi blocchi, il risultato è stato largamente insufficiente.

Se tutti usassero una risorsa con moderazione, essa avrebbe il tempo di riformarsi con lo stesso ritmo con cui è stata utilizzata.

Caratteristiche umane che inducono al conflitto

Le caratteristiche delle persone che inducono al conflitto sono sostanzialmente tre:

  1. La prima è che esse spiegano il loro comportamento su una base situazionale. In una determinata situazione agiscono credendo di fare la cosa migliore per proteggere sé stessi. Inoltre le persone tendono sempre a pensare che gli altri siano i “cattivi”.
  2. La seconda è che la gente, in ordine di priorità, si preoccupa di massimizzare le proprie risorse, di minimizzare le perdite, poi di preservare la reputazione ed evitare sconfitte.
  3. La terza è che credono che i conflitti siano giochi a somma zero. In realtà quasi mai è così nella vita reale: entrambi possono vincere, entrambi possono perdere.

Insomma, non si ha la capacità di guardare oltre il proprio orticello: si contrappongono gli interessi personali a quelli del gruppo.

Conflitto e cooperazione: competizione

Anche la competizione spesso è causa di conflitti. Il modello della società attuale, in particolare il sistema capitalistico, impone la competizione. Non possiamo dire che non apporti benefici, ma gli effetti negativi sono velati e indiretti, per cui assumono secondaria importanza.

Le ostilità nascono quando i gruppi competono per lavori o risorse limitate. È quella che a me piace chiamare “battaglia orizzontale”. Altri la citano spesso come “guerra tra poveri”.

I conflitti nascono quindi perché le risorse sono scarse e non tutti possono averle. Si pensi all’ondata di odio generata con l’ingresso degli immigrati nel mondo del lavoro.

Percezione di ingiustizia

Un altro elemento che genera conflitti è la percezione di ingiustizia. Questo accade quando giudichiamo alcune situazioni come ingiuste, perché vengono violati i nostri valori, o perché si pensa che avremmo meritato di più.

Il concetto di giustizia è estremamente complesso. Il dibattito è cominciato sin dall’antichità con filosofi greci come Platone. Anche per la giustizia non esiste una definizione assoluta e perfetta, per cui dobbiamo limitarci a considerare la sua dimensione normale.

Nel nostro tempo e nella società occidentale, la giustizia viene percepita come “equità”, e cioè che la distribuzione delle risorse deve essere proporzionale ai contributi individuali. Se una persona contribuisce di più e ha meno benefici, può sentirsi sfruttata e irritata. Il punto è che due persone possono essere d’accordo sulla giustizia come equità, ma possono non esserlo sul fatto che la loro relazione sia equa.

Quello che accade molto spesso è che chi ha potere sociale si convince, e vuole convincere gli altri, di meritarsi ciò che stanno ottenendo, legittimando quindi l’iniquità.

Dall’altro lato, più la persona si sente competente e meritevole, più avverte di non aver ricevuto abbastanza, e più cresce il risentimento verso il suo interlocutore. Quindi l’iniquità del più forte e il risentimento del più debole portano allo scontro.

Pensiero semplicistico

Un’altra arma a favore del conflitto è il pensiero semplicistico. Quando aumenta la tensione facciamo più fatica a ragionare. Ci rivolgiamo al nemico con stereotipi e giudizi istintivi. La sola aspettativa del conflitto riesce a bloccare il pensiero e ad impedire che il problema venga risolto in modo creativo.

Cooperazione per risolvere i dilemmi sociali

I dilemmi sociali possono essere risolti. È però necessaria la volontà degli interlocutori nel voler trovare un compromesso per far sì che la società continui a costruire e non a distruggere.

Purtroppo la convergenza di interessi individuali e contrapposti non è un processo automatico. Per cui, per esempio, sarebbe utile imporsi delle regole che favoriscano unicamente l’interesse generale.

Il porsi delle regole vuol dire limitare alcune libertà. La mia idea è che quando il buon senso non è sufficiente a garantire la convivenza è necessario che ci sia una terza parte a fare da arbitro per ristabilire l’equilibrio.

Per fare questo non si può prescindere da una buona comunicazione. La cooperazione richiede compromessi e bisogna avere la capacità di trattare con l’altro con l’obiettivo di raggiungere un traguardo comune.